16 maggio 2011

Weekend lungo à Paris, la gioia di un titolo in tre lingue - terza parte

Segue dalla prima e dalla seconda parte.

L'aria si è scaldata questa mattina ed è proprio il caso di fare due passi senza rinchiudersi in una metro. Dal vostro hotel prendete il Boulevard Saint Martin e vi dirigete verso la grande Place de la République mentre discutete dell'affascinante sciatteria delle parigine, con le loro ballerine sfondate e gli chignon disordinati.


Prendete un paio di Croissant da gustare passeggiando, la direzione è Belleville, quartiere che vi han detto essere molto particolare per il melting pot, la multicultura, l'esotismo e bla bla. Probabilmente le cose ultimamente sono un po' cambiate. Tutta Rue de Faubourg de Temple assomiglia a uno qualsiasi dei ghetti cinesi di una qualsiasi grande città di oggi, mille negozietti di scarpe di bassa qualità, attorniate da oggettini di qualsiasi tipo, anch'essi di bassa qualità. Ballerine a pochi euro comunque, da farne incetta.

Nonostante le buone premesse in lontananza le nuvole si stanno ammassando e il cielo si sta ingigrigendo, neppure il Canal Saint Martin che si snoda davanti a voi con le sue mille chiuse vi tira su di morale. E' il momento di farsi due giretti di metro e abbandonare Belleville con una certa delusione.


“Ramboteau? Ramboteau.” dice la voce di donna nella carrozza. Siete nei paraggi del Centre Pompidou, il museo d'arte contemporanea, che intravvedete dal vicolo dov'è posizionato il famoso Défenseur du Temps, un complicato orologio meccanico, fuori uso.


Da queste parti ci sono negozietti interessanti ma carissimi, fate tutto il giro dell'isolato, attardandovi nella piazza Stravinski e le sue fontane. Acquistate il solito sandwich e un croque mr., una specie di toast ricoperto di formaggio fuso che vi osserva fin dal vostro arrivo a Parigi, da dietro le vetrine di tutti i baracchini. La piazza del Pompidou è uno dei migliori posti per sedersi e vedere facce, mangiare e perdersi nell'intreccio di tubi colorati in cui è avvinghiato il museo.


Dopo un attento studio di nuvole e vento decidete di non rinchiudervi dentro le sale del Beaubourg ma di riprendere per le meravigliose passeggiate che questa parte di Parigi può offrire. Un negozio di parrucchieri gay tra i meandri medievali del Marais potrebbe darvi il taglio di capelli più alla moda che possiate mai sperare, se non fosse che non avete idea di come si dica taglio di capelli in francese. Così passate avanti e andate ad annusare un po' di sapori al meraviglioso Palais de Thé, dove comprate del tè verde alla menta e bergamotto e qualche regalo per gli amici.

Siete un po' stanchi, cercate una panchina e davanti a voi si materializza il grazioso parchetto Square Ch. V. Langlois che vi accoglie per un breve sonnellino pomeridiano.


Al risveglio riprendete la scoperta del quartiere seguendo i flussi di gente e le vetrine. Assaggiate macarones al citron, al chocolat e al framboise senza però rimanere soddisfatti.


Sbucate nella grande Rue de Rivoli, costeggiate l'affascinante Hotel de Ville e finite nel quartiere latino che vi attrae sempre come calamita, ormai però il cielo si è stufato di reggere e vi fa correre sui marciapiedi in cerca di riparo. Riprovate con i negozi di tè. Il Mariage Frères che trovate da queste parti avrà sì un grande fascino ma è assolutamente poco user-friendly, ed è impossibile fare acquisti. Il chiacchiericcio della sala da tè al piano superiore è parecchio invitante, il costoso menu che dà il benvenuto ai piedi delle scale meno.

Così decidete di guardare il diluvio dalle vetrate di Paul, sorseggiando tè verde menta, un tè ai quattro frutti rossi e una fran normande da evitare, il tutto servito da un cameriere con l'accento delle anatre del sud.

Il pomeriggio finisce al solito: shopping, riposino in stanza e studio della guida per la cena. Anche questa volta seguite la guida e usciti dall'ascensore della stazione di Abesses sbucate nelle strade buie e battute dalla pioggia di Mont Martre. Dopo qualche vicolo eccolo davanti a voi: Chez Toinette, un piccolissimo ristorante che a prima vista sembra un piccolo club per soli fratelli massoni. Alla domanda se avete una reservation vorreste dire “non sapevamo neanche che si dice reservation” ma non siete sicuri neppure di come dire quella frase. Così il simpatico cameriere/padrone vi chiede di tornare fra un'oretta. E quell'oretta è perfetta per visitare uno dei posti più belli della notte parigina.


Il boulevard de Clichy è illuminata a giorno dalle bellissime insegne al neon degli sexy shop, i locali notturni, i ristoranti per turisti e lì in fondo a chiudere questo splendore il Moulin Rouge, che da fuori non ha assolutamente il fascino che uno si aspetta, però il suo nome evoca così tante sensazioni che si rimane a sognare ad occhi aperti davanti al piccolo mulino, i camioncini dei pony parcheggiati all'esteno e la pazza urlante sulla via. Una pazza urlante? Una pazza urlante.


A noi Toinette. Il posto è piccolo. Ma piccolo. Immaginate piccolo? Più piccolo. E pieno come un uovo. Quelle che sembrano tavolate di gruppi di amici in realtà sono tavolini da due, distanziati tre centimetri l'uno dall'altro. I vicini di gomito con forte accento romano vi diranno che esiste il menù anche in lingua italiana. Da qui seguirà un'ottima cena che rimarrà per sempre nei vostri ricordi. Chez Toinette entra immediatamente nella vostra lista dei cinque migliori ristoranti al mondo. Nella lista c'è solo Al Delfino di San Vito lo Capo per il momento, non potete pretendere molto, avete iniziato a viaggiare da poco. Gustate tutti piatti molto buoni e curati: insalata di filetto d'anatra affumicata all'arancia, medaglioni di manzo in salsa madére, filetto di vitello alle mele con salsa di sidro e una Crème brûlée fatta a regola d'arte. Alla fine il cuoco, il vostro eroe, uscirà dalla cucina a chiedervi se tutto è stato di vostro gradimento, vi vedrà con una macchina fotografica in mano e vi inviterà a lasciarvi fare una foto.


Adieu Montmartre, siete stufi e con le pance sazie, vi vedrete domani in una giornata molto più soleggiata.

Seguirà la quarta parte.

zage

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