3 dicembre 2011

Chakachanks.


E' da un po' che rimango distante dal blog, dovrei anche scrivere l'ultima parte di Parigi. Nel frattempo mi alleno a fare colazioni per quando aprirò un mio bed&breakfast o letto&latte come ho letto una volta in Sicilia.

Nella foto chocolate chip cookies (aka chakachanks®) che ho cucinato mentre la morosa dormiva sonoramente.

26 ottobre 2011

European Outdoor Film Festival 2011

"Una splendida raccolta di dieci cortometraggi che raccontano il vivere estremo, a contatto con la natura, la fatica, l’impegno e il lavoro, le grandi soddisfazioni di questi piccoli grandi eroi sportivi."

senza tanti giri di parole...



Ecco il programma.
Ed ecco le date.

Cigno

28 luglio 2011

Non sono numeri primi ma rendono il Tour De France unico

33 punti di sutura.

Sono quelli serviti a medicare i tagli di J. Hoogerland, corridore "a tutto cuore", speronato da un'auto della tv francese e finito a 50 km/h su una staccionata di filo spinato. Per un corridore come Jhonny una tappa al Tour vale un'intera carriera. Per jhonny anche solo finire il Tour è già un traguardo. Non stupitevi nel vederlo pedalare coperto di sangue e bende in sella alla sua bicicletta. Quello è Hoogerland e quello è il suo modo di correre.
L'unico che conosce.

10 giorni.

Sono i giorni della maglia Gialla di Thomas Voeckler. Lo davano per spacciato alla prima salita ed invece Thomas ha combattuto per 10 giorni e 1592 km. Il trittico Alpino gli è stato fatale ma il piccolo francese ha onorato la maglia gialla fino all'ultimo metro. Il suo braccio alzato, il suo sorriso ed il volto stravolto dalla fatica all'arrivo sul Galibier sono la misura di quanto tenesse a quella maglia. Anche se non lo dice sono sicuro che un pensiero ai Campi Elisi lo ha fatto anche lui.

60 km di Fuga.

E' partito senza guardarsi indietro. Per una volta (forse) non si è preoccupato del fratello e ha fatto la sua corsa. Un attacco da lontano di un big non si vedeva da troppo tempo. Potente, rapido, deciso. Un attacco da campione vero.
Per una volta Andy ha corso da vincente, ha lasciato a casa l'espressione da cane bastonato e ha vestito i panni del campione.
Che spettacolo vederlo guadagnare secondi su secondi su un gruppo inerme. Che spettacolo vedere la smorfia della fatica trasformarsi in sorriso in vetta al Galibier.

01' 34".

Il vantaggio del vincitore, Cadel Evans, su Andy Schleck.
L'eterno piazzato, l'eterno incompiuto che ha coronato la sua carriera con una vittoria su cui pochi avrebbero scommesso.
Evans lo riconosci subito, curvo sulla bicicletta, testa piegata di lato, mono-espressione da attore di Soap Opera e un cuore grande come l'Australia intera. Quando le pendenze si fanno dure la sua pedalata si fa scomposta, brutta, rigida, pesante. Sembra quasi abbia due borse della spesa ai lati del manubrio. Niente a che vedere con l'incalzante Milonga di Contador. Eppure Cadel è lì. Fa tutte le volate, ricuce gli attacchi, tira il gruppo per andare a prendere Andy, corre la crono della vita a Grenoble. E' immenso.
La vittoria di Cadel è tutta nei secondi guadagnati in quei 42 chilometri. Cadel aveva fame di vittoria. Mentre gli altri erano pronti a difendersi lui correva per vincere. Mentre gli altri si giravano per controllare i diretti avversari Cadel guardava verso i campi Elisi per rompere una maledizione durata troppo a lungo.


Cigno

16 maggio 2011

Weekend lungo à Paris, la gioia di un titolo in tre lingue - terza parte

Segue dalla prima e dalla seconda parte.

L'aria si è scaldata questa mattina ed è proprio il caso di fare due passi senza rinchiudersi in una metro. Dal vostro hotel prendete il Boulevard Saint Martin e vi dirigete verso la grande Place de la République mentre discutete dell'affascinante sciatteria delle parigine, con le loro ballerine sfondate e gli chignon disordinati.


Prendete un paio di Croissant da gustare passeggiando, la direzione è Belleville, quartiere che vi han detto essere molto particolare per il melting pot, la multicultura, l'esotismo e bla bla. Probabilmente le cose ultimamente sono un po' cambiate. Tutta Rue de Faubourg de Temple assomiglia a uno qualsiasi dei ghetti cinesi di una qualsiasi grande città di oggi, mille negozietti di scarpe di bassa qualità, attorniate da oggettini di qualsiasi tipo, anch'essi di bassa qualità. Ballerine a pochi euro comunque, da farne incetta.

Nonostante le buone premesse in lontananza le nuvole si stanno ammassando e il cielo si sta ingigrigendo, neppure il Canal Saint Martin che si snoda davanti a voi con le sue mille chiuse vi tira su di morale. E' il momento di farsi due giretti di metro e abbandonare Belleville con una certa delusione.


“Ramboteau? Ramboteau.” dice la voce di donna nella carrozza. Siete nei paraggi del Centre Pompidou, il museo d'arte contemporanea, che intravvedete dal vicolo dov'è posizionato il famoso Défenseur du Temps, un complicato orologio meccanico, fuori uso.


Da queste parti ci sono negozietti interessanti ma carissimi, fate tutto il giro dell'isolato, attardandovi nella piazza Stravinski e le sue fontane. Acquistate il solito sandwich e un croque mr., una specie di toast ricoperto di formaggio fuso che vi osserva fin dal vostro arrivo a Parigi, da dietro le vetrine di tutti i baracchini. La piazza del Pompidou è uno dei migliori posti per sedersi e vedere facce, mangiare e perdersi nell'intreccio di tubi colorati in cui è avvinghiato il museo.


Dopo un attento studio di nuvole e vento decidete di non rinchiudervi dentro le sale del Beaubourg ma di riprendere per le meravigliose passeggiate che questa parte di Parigi può offrire. Un negozio di parrucchieri gay tra i meandri medievali del Marais potrebbe darvi il taglio di capelli più alla moda che possiate mai sperare, se non fosse che non avete idea di come si dica taglio di capelli in francese. Così passate avanti e andate ad annusare un po' di sapori al meraviglioso Palais de Thé, dove comprate del tè verde alla menta e bergamotto e qualche regalo per gli amici.

Siete un po' stanchi, cercate una panchina e davanti a voi si materializza il grazioso parchetto Square Ch. V. Langlois che vi accoglie per un breve sonnellino pomeridiano.


Al risveglio riprendete la scoperta del quartiere seguendo i flussi di gente e le vetrine. Assaggiate macarones al citron, al chocolat e al framboise senza però rimanere soddisfatti.


Sbucate nella grande Rue de Rivoli, costeggiate l'affascinante Hotel de Ville e finite nel quartiere latino che vi attrae sempre come calamita, ormai però il cielo si è stufato di reggere e vi fa correre sui marciapiedi in cerca di riparo. Riprovate con i negozi di tè. Il Mariage Frères che trovate da queste parti avrà sì un grande fascino ma è assolutamente poco user-friendly, ed è impossibile fare acquisti. Il chiacchiericcio della sala da tè al piano superiore è parecchio invitante, il costoso menu che dà il benvenuto ai piedi delle scale meno.

Così decidete di guardare il diluvio dalle vetrate di Paul, sorseggiando tè verde menta, un tè ai quattro frutti rossi e una fran normande da evitare, il tutto servito da un cameriere con l'accento delle anatre del sud.

Il pomeriggio finisce al solito: shopping, riposino in stanza e studio della guida per la cena. Anche questa volta seguite la guida e usciti dall'ascensore della stazione di Abesses sbucate nelle strade buie e battute dalla pioggia di Mont Martre. Dopo qualche vicolo eccolo davanti a voi: Chez Toinette, un piccolissimo ristorante che a prima vista sembra un piccolo club per soli fratelli massoni. Alla domanda se avete una reservation vorreste dire “non sapevamo neanche che si dice reservation” ma non siete sicuri neppure di come dire quella frase. Così il simpatico cameriere/padrone vi chiede di tornare fra un'oretta. E quell'oretta è perfetta per visitare uno dei posti più belli della notte parigina.


Il boulevard de Clichy è illuminata a giorno dalle bellissime insegne al neon degli sexy shop, i locali notturni, i ristoranti per turisti e lì in fondo a chiudere questo splendore il Moulin Rouge, che da fuori non ha assolutamente il fascino che uno si aspetta, però il suo nome evoca così tante sensazioni che si rimane a sognare ad occhi aperti davanti al piccolo mulino, i camioncini dei pony parcheggiati all'esteno e la pazza urlante sulla via. Una pazza urlante? Una pazza urlante.


A noi Toinette. Il posto è piccolo. Ma piccolo. Immaginate piccolo? Più piccolo. E pieno come un uovo. Quelle che sembrano tavolate di gruppi di amici in realtà sono tavolini da due, distanziati tre centimetri l'uno dall'altro. I vicini di gomito con forte accento romano vi diranno che esiste il menù anche in lingua italiana. Da qui seguirà un'ottima cena che rimarrà per sempre nei vostri ricordi. Chez Toinette entra immediatamente nella vostra lista dei cinque migliori ristoranti al mondo. Nella lista c'è solo Al Delfino di San Vito lo Capo per il momento, non potete pretendere molto, avete iniziato a viaggiare da poco. Gustate tutti piatti molto buoni e curati: insalata di filetto d'anatra affumicata all'arancia, medaglioni di manzo in salsa madére, filetto di vitello alle mele con salsa di sidro e una Crème brûlée fatta a regola d'arte. Alla fine il cuoco, il vostro eroe, uscirà dalla cucina a chiedervi se tutto è stato di vostro gradimento, vi vedrà con una macchina fotografica in mano e vi inviterà a lasciarvi fare una foto.


Adieu Montmartre, siete stufi e con le pance sazie, vi vedrete domani in una giornata molto più soleggiata.

Seguirà la quarta parte.

zage

10 maggio 2011

Sono.

Io sono un ciclista.

Sono quel ciclista famoso per la maglia Nera. Quando arrivare ultimi era un modo per tirare a campare. Arrivavo ultimo ma arrivavo.

Sono quel ciclista che staccava i copertoncini con i denti. Mi pagavano per non partecipare al Giro. Ero troppo forte.

Sono quel ciclista che restò in fuga solitaria per 7 ore e 45 minuti poi primo sul Sestriére. Ero riuscito a farmi voler bene anche dai francesi.

Sono quel ciclista che vinse a Limoges nel 1995 alzando il dito al cielo.

Sono quel ciclista che andava forte in salita solo per abbreviare la sofferenza della fatica.

Sono quel ciclista che ha barato. Perché nella vita l'unica cosa che so fare è pedalare. Mi dispiace.

Oggi sono Wouter Weylandt. Sono un velocista. Mi alzo sui pedali a 70 km/h per arrivare prima degli altri. Ieri sono caduto al Giro D'Italia battendo forte la testa. Lascio una moglie e non potrò vedere mia figlia nascere.



Ciao Wou.

5 maggio 2011

Weekend lungo à Paris, la gioia di un titolo in tre lingue - seconda parte

Segue dalla prima parte.


La mattina il Boulevard de Sébastopol vi accoglie più affollato di ieri. Passeggiate verso il centro per prendere confidenza con la città, l'architettura a cui non siete abituati, i tetti curvi, i piccoli comignoli, il traffico confuso di macchine francesi e camioncini graffittati e il sempre presente odore di ferro bagnato che probabilmente sale dai sotterranei della metropolitana. Bello capire poche parole di quello che dice la gente attorno a voi.

Imparate una cosa buffa di Parigi: se apre un negozio di un certo tipo, affianco apriranno almeno una decina di negozi dello stesso tipo. Incrociate ad esempio una fila di cinque o sei negozi di abbigliamento per taglie forti e subito dopo una dozzina di negozi di design d'arredamento. Una cosa molto efficace se ci pensate.

Comunque è ora di croissant e il primo, burrosissimo, lo prendete alla brasserie Le Cerceau guardando la città fuori dalle vetrate. Dopo aver rifornito il vostro zainetto di un paio di sandwìch à enporter, prendete Rue de Turbigo fino a Les Halles: è ora di scendere nella metrò.


Vi procurate un paio di Paris Visite, l'abbonamento che vi permette di girare in lungo e in largo per tre giorni su tutti i mezzi pubblici. Alla prima obliterazione rischiate di venire separati perché una delle due carte non funziona. Una tizia alle informazioni, la prima persona a sperimentare le vostre doti in francese, fa un gioco di carte e sistema tutto. Da oggi ogni volta che timbrate lo fate contemporaneamente, guardandovi negli occhi come due addetti al lancio di testate nucleari che devono girare la chiavetta simultaneamente.

La metro a Parigi si dice metrò, ma se dite Barrière Architectonique credo vi capiscano uguale. Comunque ne ho già parlato, è come un pauroso luna park, un otto volante che vi fa sbucare in pochi minuti dove vi pare, sempre che non rimaniate incastrati in mille trappole strutturali.

La prima tappa sono gli Champs-Elysèes, l'immenso boulevard affollato e costellato dalle grandi marche, passeggiata preferita dal tipico turista americano. C'è anche un gigantesco e spaventoso Sephora, dove a ogni scaffale venite assaliti da commessi simpatici ma armati di nebulizzatori a tradimento. Il cielo è grigetto voglia-di-morire, e lo sarà più o meno per il 90% della vacanza. La Tour Eiffel e il bianchissimo Sacre Coer, visibili da ogni luogo, questa volta saranno sempre inghiottiti dalla foschia. Questo non vi destabilizzerà. Hai trovato lo stesso tempo anche a ferragosto. Per le tue esperienze Parigi è autunno, bianco/nero e feuille mortes in qualsiasi stagione.

All'Arc de Triomphe riprendete la metro-talpa fino alla stazione di Bir-Hakeim dove finalmente intravvedete la rassicurante Senna e lì, dietro l'angolo, vi accoglie in tutta la sua maestosità la Tour e i suoi venditori ambulanti che vi squadrano, sussurrano un español, per poi confermare un italiani. Per gli occhi, a loro detta.


Aggrediti dal vento dei campi di marte vi avventate sui vostri sandwhìch, decidendo il da farsi. Non avete un piano della vacanza ma solo voglia di vivere la città e vedere i soliti due tre posti caratteristici.

Diretti al Quartiere Latino sbucate quasi per sbaglio di fronte a Notre Dame e vi fate un giretto al suo interno. Fra poche sere vi ritroverete davanti alla sua facciata senza nemmeno un turista fra le palle e vi renderete molto più conto di quanto affascinante sia.


Visto che ci siete passeggiate nel lungo senna, fino a raggiungere la punta della Ile, generalmente è un ottimo posto per guardare il tramonto ma nel primo pomeriggio l'unica compagnia che trovate è un'anatra infreddolita. Attraversate la senna e scoprite che il Pont Neuf ha lucchetti di Moccia ovunque.


Il Quartiere Latino. Finalmente. Qui è pieno di gente, profumi e odori dai mille ristoranti di tutte le nazionalità. Ad ogni angolo c'è una libreria. Da uno scorcio intravvedete il Pantheon, ma avete voglia di guardarvi ancora in giro, scoprire che Starbucks va moltissimo, che esistono nail bar dove le ragazze vengono a chiacchierare con “bariste” che gli mettono lo smalto, e poi i macarones. Anzi un solo grande infinito macarones alla vaniglia di Paul.

Si fa sera, scoprite per sbaglio un negozietto che vende oggetti per la casa e di design tra cui molte cose di latta e vi attardate a fare un po' di rilassante shopping.

Hotel, tè, riposino sfogliando la guida e scegliete il ristorante per la sera: Chez Nenesse, lì vicino, nel Marais. Le apparenze sono quelle di un vecchio bar dalle pareti molto alte e annerite, arredamento del dopoguerra, una grossa stufa a legna al centro dello stanzone e la sua canna fumaria che si snoda fino al soffitto. Insomma questo che per molti altri potrebbe sembrare un postaccio a voi vi fa sentire di essere nel cuore della Parigi più vera e vi fa apprezzare moltissimo la buona cucina e il simpatico cameriere disposto a capire il vostro francese ancora arrugginito.

Ordinate un delizioso antipasto di carpaccio d'anatra su insalatina all'aceto di mele e pinoli, una fricassea di pollame con spugnole e patate al forno e dei medaglioni di vitello al miele con verdurine, ottimi piatti su cui fare scarpetta.


Fuori c'è vento, le strade sono sgombre, nei marciapiedi bui ci siete solo voi e due o tre persone che raggiungono i pochi locali aperti di giovedì sera. Passeggiate dritti dritti dentro l'hotel, buonanotte receptionist stronzo, ascensore per fare un piano, corridoio attutito dalla moquette rossa, tessera magnetica, clack, vestiti lanciati a caso, sprofondate nel materasso sfondato e tra cuscini ridicoli vi addormentate sorridendo.

Seguirà la terza parte.


Zage

1 maggio 2011

Weekend lungo à Paris, la gioia di un titolo in tre lingue - prima parte

C'è un giorno in ufficio in cui il lavoro è pressante e sei costretto a fare solo mezz'ora di pausa pranzo. C'è da girare un piccolo spot, ti giostri tra fare l'aiuto regia, la segreteria di edizione e la preparazione dei prop. La sera sei sfiancato. Che fai? Vai a letto? No, vai a Parigi. Con la tua ragazza.

L'aeroporto di Venezia è il solito limbo, visiti il giornalaio con tutta la calma ripassando due volte sugli stessi scaffali. Come l'altro viaggio fai scoperte interessanti. Prima di tutto i bite relief a basso voltaggio, chi l'avrebbe mai detto che una scarica elettrica può lenire le punture di zanzare? Poi scovi il nuovo libro di Eco che a quanto pare parla di quelle cose in cui è sempre bello immergersi: segreti, cospirazioni, misticismo a... Parigi. Ma i tendini delle tue braccia preferiscono i più leggeri paperback, gusterai l'attesa finché non escono.

Montate sul solito aeretto Airfrance e i suoi amabili spocchiosetti steward. Fuori è gia buio, piove, ma l'aereo fila più liscio di una macchina. Nello stomaco entrano un paio di panini congelati offerti dalla compagnia, dove sono i magnifici pasti dell'altra volta?

CDG è sempre lui, immenso ma estremamente efficiente, un minuto d'attesa per le valigie e state già trotterellando per i lunghi corridoi tapisroulati, semideserti. Sono le 22.30, nessun bisogno del taxi. Ci sono i vostri cari trenini suburbani della RER che al costo di 8 euro al biglietto vi portano verso la cité.

Il Best Western in cui siete alloggiati, ai margini del Marais, ha pensato bene di tenervi nascosto che la stazione della metrò lì davanti, Strasbourg Saint-Denis, è chiusa per lavori. Lo scoprite solo mentre siete sotto terra, decifrando i cartelli in lingua straniera. Per fortuna Réaumur Sébastopol è a 50 metri da lì. E' la figata di Parigi: una stazione ad ogni incrocio.


Sbucate nel lunghissimo boulevard che divide il secondo dal terzo arrondissement, è notte, pochissima gente in giro, nessun turista, traffico blando e tante luci. Entrate nella hall accolti dal peggior receptionist che si possa immaginare, lo stronzo non vi bada e fa finta di stare al telefono. Dov'è finita la cara Taha che rispondeva alle mail? Voi avete il sorriso e qualche parola in francese, ma non abbastanza per mandarlo a cagare. Questo vi basta per trovare la strada per la vostra chambre double, definita da tutti su booking.com “piccola ma confortevole”, come se potessero esistere stanze grandi a Parigi.

Free wireless per mandare due tweet, bagno molto spazioso, un'inutile tv satellitare che trasmette Rai Uno, cassetta di sicurezza, letto sfondato, tendine che lasceranno entrare troppa luce, riscaldamento perfetto, bollitore che sarà essenziale per i vostri tè della mattina e le tisane della sera. E' ora di stendere le gambe, dare un'ultima occhiata alla Parigi che vi aspetta li fuori, e darsi la buonanotte.

Segue alla seconda parte.

Zage

24 febbraio 2011

Miami

Miami by zage

Dopo molto tempo ho scritto un pezzo, se avete voglia potete ascoltarlo qui sopra e ve ne sarò grato. Cliccando sulla barra blu potete pure commentarlo e criticarlo riferendovi a un secondo preciso. Vi incoraggio a farlo. Così come siete liberi di scaricarlo e condividerlo, ma a quel punto avrete perso così tanto tempo che sarò commosso.

Tecnicamente il pezzo è una demo registrata in casa (letteralmente, nel mio salotto, con un microfono ammaccato) quindi probabilmente suona bene solo nella mia autoradio. E neanche troppo. Ogni tanto esagero col fader delle chitarre, ma non rompetemi: mi rende felice.

Su http://zage.tumblr.com ogni tanto cerco di parlare del processo creativo che ci sta dietro. Ma non preoccupatevi, le altre cazzate continuerò a scriverle qui.

zage